Cassandra Crossing/ Una Guerra Fredda nell’IoT

(482) — la morale in una piccola “Guerra Fredda”, combattuta nell’“IoT dei gelati”.


Cassandra Crossing/ Una Guerra Fredda nell’IoT

(482) — la morale in una piccola “Guerra Fredda”, combattuta nell’“IoT dei gelati”.

19 agosto 2021 — Cassandra legge spesso articoli in giro per la Rete, ma è ancora abbonata, e lo sarà sempre, a due importanti riviste della sua giovinezza; sono Le Scienze (edizione italiana, abbonato dal numero 1) e Wired (rigorosamente l’edizione americana).

Qualche tempo fa, proprio su Wired, nascosto tra le americanate che ahimè popolano questa peraltro degnissima rivista, Cassandra ha rinvenuto un piccolo gioiello di storia recente, reperibile qui (con eventuale registrazione gratuita). La penna di Andy Greenberg non delude mai.

Una sua lettura sarebbe consigliabile prima di proseguire; ne riassumeremo (spoiler) comunque nel seguito le parti essenziali.

L’articolo narra della guerra commerciale, e delle sue ragioni tecniche, avvenuta tra l’azienda che fornisce !e macchine per fare il gelato a MacDonald, ed una piccolissima startup che, con una buona dose di ingeegno e reverse engineering, aveva realizzato un addon hardware (manco a dirlo con una Raspberry PI) per “aprire” la blindatissima macchina del gelato e renderla pienamente utilizzabile dal suo proprietario.

Infatti, come quasi tutte le macchine industriali e “chiuse”, il proprietario aveva a disposizione solo una tastiera touch customizzata, il cui display forniva solo codici di errore criptici in occasione dei frequentissimi malfunzionamenti. La macchina infatti era molto evoluta, e proprio per questo anche meccanicamente complessa e delicata.

Questo costringeva gli utenti a stipulare un costoso contratto di assistenza, grazie al quale una persona arrivava, giocherellava con un menù nascosto accessibile con un codice non documentato e, spesso senza toccare altro, “riparava” la macchina.

Logico che una persona del settore, ben dotata di spirito hacker, progettasse una schedina che, posta all’interno della macchina, consentisse di automatizzare le “riparazioni” più semplici, di esaminare con un’interfaccia web accessibile via wifi i log e lo stato della macchina, eseguire i comandi del menù nascosto, ricevere allarmi via mail e chi più ne ha più ne metta.

Facile prevedere la reazione violenta e scomposta del fabbricante delle macchine e delle altre aziende coinvolte, le lettere di cease-and-desist, gli avvisi a tutti i proprietari delle macchine per scoraggiare l’uso del device, come pure la controreazione della startup per concorrenza sleale, tutto a base delle contorte e perverse leggi sulla proprietà intellettuale.

A Cassandra non interessa tanto l’esito di questa battaglia, d’altra parte ancora in atto, tra l’hacker e Golia, anche se il suo cuore è ovviamente schierato con l’hacker.

La battaglia rivela piuttosto ancora una volta, e come usuale, la naturale tendenza di chi vende oggetti chiusi a limitare nella massima misura possibile le libertà dei clienti, fino a tarpare le ali agli stessi suoi prodotti pur di strizzare ai propri clienti fino all’ultimo centesimo.

Rivela anche l’importanza vitale che il diritto di riparare o modificare i propri device riveste per gli utenti finali e per tutti noi.

Rivela soprattutto l’importanza e la necessità assoluta di prediligere tecnologie e prodotti aperti, di incoraggiare col loro acquisto chi li produce.

Rivela infine la necessità di punire infine con lettere all’assistenza ed agli uffici legali e commerciali dei produttori di device chiusi, ma che è necessario usare perché non hanno alternative aperte o sono comunque già in nostro possesso.

Costa tempo e fatica?

Certamente, come tutte le cose di valore, cominciando dalla libertà.

By Marco A. L. Calamari on September 1, 2021.

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