(439) Crisi di identità e confusione di ruoli per un menestrello di Internet
(439) Crisi di identità e confusione di ruoli per un menestrello di Internet
8 luglio 2019 — Cassandra, lo ha già detto millanta volte, ha avuto così tanto dalla Rete che sente il fortissimo obbligo morale di darle qualcosa in cambio, anche cose piccole e semplici ma che possano davvero valere qualcosa per gli altri. Ad esempio articoli come “Economia della scarsità o dell’abbondanza” o “ED-202 ci aspetta dietro l’angolo”.
E’ per questo che, fin da tempi antichi e non sospetti, riversa ogni tanto in Rete qualche bit, parole od altro; ha iniziato ai tempi in cui chi voleva pubblicare qualcosa doveva farsi da solo una sua pagina web su un suo sito web; Cassandra prediligeva scriversi l’HTML direttamente con il notepad, e qualche volta, scontenta degli editor dedicati, lo fa ancora.
Poi ovviamente sono nati i blog, i forum, le riviste digitali, le comunità sociali, PLOS, e così via; i posti in cui praticare la diffusione della conoscenza si sono moltiplicati, ma anche complicati.
Capire se quello che si scriveva era apprezzato ed utile in passato avveniva con relazioni dirette, al massimo mediate dalla mail; col tempo visitatori unici, visualizzazioni, like, indici bibliometrici ed impact factor sono diventati popolari, per molti importanti e per alcuni, come i ricercatori scientifici e gli influencer, importantissimi, anzi vitali.
Come tutti, Cassandra si è dilettata ed appassionata ad alcune di queste misurazioni di popolarità, fino a quando una percezione degli sforzi che compiva e del tempo crescente che gli dedicava l’ha spinta, lentamente ma inesorabilmente, verso un improvviso ripensamento.
Cioè se avesse un valore, o se addirittura fosse “sano” preoccuparsi dei, beh diciamo “ascolti”, di quello che scriveva.
Un valore positivo ce l’aveva; il pubblicare su riviste elettroniche dotate di blog per ogni articolo fornisce senz’altro un’utile piattaforma per capire se quello che si pubblica viene apprezzato. Niente di strano, solo un sano feedback.
Ma poi una distorsione, anzi una piccola depravazione, si è inserita strisciando, quello di desiderare che gli “ascolti” salissero, di avere un pubblico maggiore e più soddisfatto.
“Perché una depravazione, cosa c’è di negativo in questo?” diranno gli interdetti 24 lettori.
Beh, non l’avrei saputo spiegare 10 anni fa, ed ancora adesso è difficile separare i fatti dalla propria opinione, ma ci provo lo stesso.
Chi ha dato contributi alla Rete, piccoli o grandissimi, lo ha fatto, nella maggior parte dei casi, non come lavoro ma come libera scelta, in molti casi assecondando un sentito dovere morale.
Poi ci sono coloro che, lavorando in Rete, della popolarità hanno
fatto uno strumento di autopromozione e quindi di reddito.
Ora, non c’è assolutamente niente di negativo nel guadagnarsi la
pagnotta o la Tesla grazie alla Rete; per certi versi chi ci riesce
senza “perdere l’anima” è davvero un fortunato mortale.
Figure molto diverse rientrano in questa categoria; i due poli estremi
sono, a parere di Cassandra, i ricercatori scientifici e gli
influencer.
Di nuovo, per un ricercatore, figura pura e positiva del nostro
immaginario collettivo, non c’è niente di male nel cercare di alzare il
proprio impact factor, è spesso una cosa essenziale per il proprio
lavoro, mica tutti sono Albert Einstein nel suo “annus
mirabilis”.
Ma se questo da forma al proprio lavoro, se in casi estremi porta a
plagi o falsificazioni, è la strada che porta alla perdizione.
Diverso ma alla fine simile è il caso di un influencer, qualcuno che
cerca la popolarità, particolarmente sui social, esclusivamente per
monetizzarla, vendendosi come pubblicità.
Fornendo al proprio “pubblico” informazioni non vere spontanee ma
imposte e manipolate.
Decenni or sono un nuovo conoscente che diceva di fare il pubblicitario,
interrogato su cosa facesse esattamente mi rispose:
“Io sono uno di quelli che avvelenano la vostra mente per obbligarvi a fare quello che altri ci chiedono di farvi fare”.
Me lo ricordo ancora adesso. No, non fa proprio per me.
Questi due esempi sono quanto di meglio posso fare per spiegare perché Cassandra ritiene questi comportamenti una delle tante sfaccettature del Male; come sempre affascinante, seduttivo e magari premiante, ma che porta inevitabilmente alla corruzione sia propria che altrui ed alla perdita di sé stessi.
Cassandra ci ha messo anni per accorgersi che questa fascinazione la stava corrompendo; se ne è resa conto quando ha cominciato a controllare prima ogni tanto e poi con insistenza le visualizzazioni dei propri video artigianali.
Percepire la convergenza tra sé stessa, Fedez, Aranzulla e Flora è
stato improvviso e devastante.
Una improvvisa “percezione dell’abisso”.
La reazione, ve lo giuro, è stata immediata, radicale e semplice.
E’ avvenuto quello che il primo Freud diceva della nevrosi; quando un malato si rende contro della propria nevrosi, questa sparisce.
Freud si accorse poi che le nevrosi, purtroppo, non funzionano così ma nel mio caso ha funzionato.
Questo flash di consapevolezza mi ha lasciato anche in dote la capacità di accorgermi di questi comportamenti, propri e di altri, e di rifiutarli immediatamente.
Certo, Cassandra ha la fortuna di poter semplicemente
“rifiutare”; di non dipendere dai propri articoli per la
pagnotta, e quindi potersi permettere una reazione radicale.
La risposta “giusta” resta comunque di questo
tipo per tutti coloro che si riconoscessero in questo identikit; la
consapevolezza di star facendo qualcosa di
“sbagliato” e da evitare sempre, quanto e come
possibile.
Sulla questione, in occasione dell’ultimo S. Valentino, Cassandra si è pubblicamente confessata a riguardo ed ha fatto ammenda; per fortuna pochi l’hanno guardata … ;-)
By Marco A. L. Calamari on April 6, 2021.
Exported from Medium on January 2, 2024.