(411) Ancora un camp hacker, ancora qualche giorno a casa. Ma è tutto come prima?
(411) Ancora un camp hacker, ancora qualche giorno a casa. Ma è tutto come prima?
In volo verso casa, Cassandra anche questa volta sta provando a descrivere l’appena concluso SHA2017 (Still Hacking Anyway — Smanettando Malgrado Tutto).
E’ strano, innanzitutto, sentire di partire da casa diretti a casa;
forse perché si tratta di due posti in cui ci si realizza con diverse
sfaccettature del carattere.
Comunque i cinque giorni passati in mezzo ad un niente temporaneamente
riempito di cose e persone sono stati passati con la serenità che solo
l’appartenere ad un posto può dare.
Che dire di SHA? La cronaca rischierebbe di essere ripetitiva di cronache passate, succedutesi ad intervalli di due anni, quindi i fasti delle cronache di OHM e del CCC questa volta non atterreranno su questi appunti di viaggio.
Innanzitutto l’ambiente: una buona organizzazione, conferenze e workshop in grande abbondanza; in certi momenti 12 eventi contemporaneamente.
Il feeling è stato molto familiare; la famiglia ristretta dell’Ambasciata con una settantina di fratelli e sorelle, e quella allargata di SHA che pare contasse circa 3600 familiari. 5 tende maggiori, da anche 500 posti, 7 location minori, 135 talk ed eventi ripresi in video, che vi potete godere tutti qui, ed almeno altrettanti svoltisi senza la presenza delle telecamere.
Una delle location “minori”, un tendone da 50 posti, con impianto audio e ripresa video, era gestita dalla famosa, e talvolta famigerata, Ambasciata Italiana.
Famosa, perché fin dal CCC del 2007 ha allietato i giorni,
ma soprattutto le notti, di tutti i camp hacker d’Europa.
Famigerata perché tradizionale organizzatrice di party notturni
a base di grappa, che nelle ultime edizioni erano diventati decisamente
eccessivi ed offuscavano le attività dei suoi componenti, che spesso
nulla avevano da invidiare rispetto a quelle di più titolati speaker
internazionali.
Adesso ve lo posso confessare; alla fine del CCC2015, in una certa tenda si era riunita una cellula carbonara composta di persone scontente della direzione presa dall’Ambasciata, e che avevano fatto il proposito di invertire la tendenza potenziando ed organizzando i contenuti e le conferenze che le persone dell’Ambasciata avrebbero portato al camp del 2017.
Così per fortuna è stato. In un’Ambasciata comunque cresciuta e molto più organizzata, che ha fornito servizi impeccabili (leggi: cibo) ai suoi membri, ed anche a tanti villagers, la struttura dei talk ha ospitato una ventina di eventi, alcuni dei quali tenuti da ospiti stranieri. Malgrado le inevitabili sfilacciature di una “prima volta”, un bel successo.
Ottenere questi risultati ha richiesto a molti, ed anche a Cassandra,
una rivoluzione copernicana di atteggiamento.
Passare da una indigestione di talk ed incontri con gente
interessantissima, alla disciplina di dedicare tempo prezioso ad
attività volontarie destinate alla riuscita dell’evento.
Alla fine un bel sacrificio per tanti, ed anche per Cassandra che,
complessivamente, in cinque giorni è riuscita a vedere solo tre talk, e
ad assistere casualmente ad eventi molto coinvolgenti come questo concerto, perdendone molti altri.
Il resto del tempo è stato speso a tenere talk e workshop, ad
organizzare e seguire i contenuti dell’Ambasciata con l’indispensabile
contributo di tutta la ciurma italiana, ed a fare anche un paio di notti
di volontariato al Pronto Soccorso di SHA; un paio di ospiti dell’evento
stanno meglio grazie alle sue preziose manine.
Alla fine il divertimento c’è stato, forse più di prima, ed anche
l’esperienza fatta è stata memorabile: completamente diversa, ma
altrettanto bella.
Però adesso gli impazienti 24 lettori stanno cominciando a scalpitare
per questo “Amarcord”, e quindi un po’ di cronaca
spicciola.
Hackeriamo gli hacker
Durante gli eventi come SHA, è tradizione che si svolga una caccia al
tesoro informatica chiamata CTF — Capture the Flag (Rubabandiera).
Talvolta ne vengono anche organizzati di informali, consistenti di
solito nel sovvertire, rigorosamente in maniera innocua e divertente,
qualche infrastruttura del camp.
In questo l’Ambasciata vanta una lunga tradizione, iniziata quando al
CCC2007 furono sovvertite le reti DECT e VOIP del camp per chiamare
automaticamente tutti coloro che avevano registrato un telefono (e pare
fossero 1400), per invitarli al party dell’Ambasciata.
Quelli che erano infastiditi o sorpresi per la telefonata ed iniziavano
a parlare venivano dirottati in una chiamata multipla, dove potevano
interrogarsi a vicenda.
Memorabile anche quella del 2013 quando l’infrastruttura delle luci
intorno all’ambasciata iniziò a colorarsi di bianco, rosso e verde, e
per punizione, l’ambasciata fu privata per 4 ore della corrente…
Forse ricordando quest’ultimo episodio, quest’anno il team di incursori informatici dell’Ambasciata si è accanito “solamente” sull’insegna principale di SHA2017, una scritta posta all’ingresso principale, alta due metri e lunga cinque e formata di lettere colorate illuminate da una moltitudine di lampadine a LED multicolori.
All’arrivo era colorata di un modesto e noioso verde uniforme, ma
dopo solo due giorni di modifica cavi, lockpicking di lucchetti dei
Datenklos ed analisi del traffico della rete luci, le lettere prima si
sono colorate dei patriottici colori italiani, e
successivamente sono state animate in maniera ancora più varia.
Il finale è consistito nella conquista delle torce a LED che erano
montate sopra i Datenklos, trasformando anche queste in altrettanti
vessilli.
Il tutto è stato poi illustrato in un intervento formale, tenuto durante
i lightning talk, fulminee conferenze di 5 minuti su argomenti a
piacere, che tradizionalmente concludono questo tipo di eventi.
Sfamiamo gli hacker
Quest’anno l’Ambasciata era formata da tre tendoni e due gazebi:
Ambasciata propriamente detta, Cucina con cambusa, zona relax con musica
d’ambiente e divani pneumatici, struttura per le conferenze.
La cucina, fino ad oggi destinata al sostegno alimentare dei soli
componenti l’ambasciata e di occasionali ospiti, è stata strutturata e
potenziata in modo da poter sfamare un numero ben maggiore di
partecipanti, e risollevare le sorti economiche dell’Ambasciata,
servendo un rilevantissimo numero di avventori a titolo non gratuito, ma
ad offerta.
Un contributo determinante è stato dato da una nota azienda del settore
alimentare, che ha provveduto a riempire gratuitamente la cambusa
dell’Ambasciata di ottime materie prime, invece di costringere i
cucinieri a quotidiane visite nei supermercati della zona, certo
qualitativamente non all’altezza.
Il tocco di classe comunque era dato dalla colazione, con espresso,
croissant freschi e nutella a volontà, servita puntualmente agli
assonnati partecipanti dalle 9 in poi. Davvero grazie per questo!
Accudiamo gli hacker.
Gli smanettoni sono certamente avvezzi a sopravvivere in condizioni
logistico-igeniche di tipo estremo; c’è da dire tuttavia che, come
riescono ad adattarsi facilmente alla buona cucina, si adattano
altrettanto bene a ritrovare la mattina, dopo l’inevitabile party
notturno, i tavoli ed i pavimenti in condizioni igieniche se non
perfette almeno umane.
Altrettanto dicasi per la struttura dei talk, il cui impianto audio
veniva abitualmente smontato ed utilizzato per i party, e doveva essere
rimontato e ricollaudato ogni mattina entro le 10 per permettere lo
svolgimento delle attività intellettuali.
E’ rimasto memorabile il fatto che il 7, giorno dedicato al party di
fine evento, la musica dell’ambasciata fosse chiaramente udibile
dall’albergo in cui Cassandra dormiva, che si trovava a circa 500 metri
dal Camp, separato da un fiume largo almeno 200 metri.
Curiamo gli hacker
La statistica è una scienza esatta, e la legge dei grandi numeri non
perdona.
Mettete insieme quasi 4000 persone, ed il fatto che un buon numero di
incidenti piccoli e grandi affolleranno l’indispensabile pronto soccorso
del camp diventerà non una possibilità ma una certezza.
Fu così che Cassandra, forte di un po’ di certificazioni da soccorritore
faticosamente ottenute, ha tolto spine dai piedini di incauti bambini
avvezzi a camminare a piedi nudi, ha medicato dita affettate di incaute
aiuto-cuoche, e aiutato a rimettere in piedi persone visibilmente
alterate da sostanze di vario tipo, assunte contemporaneamente in
maniera incauta. Chi l’avrebbe detto.
Ascoltiamo gli hacker
Dai pochissimi talk ascoltati e dai pareri avuti da coloro che ne
avevano potuti ascoltare in quantità industriali, Cassandra ha ricavato
una strana impressione.
Sembra che, malgrado la presenza abbondante di contenuti di assoluto
livello, le eccellenze viste ad OHM a SHA siano mancate.
Il keynote speech è stato tenuto da uno Zimmerman più appannato del
solito, e messia come Brewster Kahle quest’anno non si sono
visti.
Talk sorprendenti come quelli dell’installazione di Linux **dentro** un
disco, o dell’hackeraggio dell’infrastruttura SS7 di uno dei massimi
provider di infrastrutture cellulari per recuperare una situazione
critica sono mancati completamente.
Una spiegazione non è facile da trovare. Il timore di Cassandra è 4 anni
fa il mondo dell’hacking e dell’ICT fosse diverso, un mondo dove gli
exploit e gli zero-day venivano raccontati agli altri hacker in modo
responsabile, e non erano ancora diventati preziosi beni di consumo e
moneta di scambio come oggi.
Salutiamo gli hacker
SHA2017 ha lasciato il segno. Un evento vissuto completamente dalla
parte di chi fa, e non solo di chi guarda ha un sapore incredibilmente
diverso.
Qualcuno potrebbe dire che rispetto ad OHM2013 sia stato un po’ sotto
tono.
Osservazione legittima e forse anche vera, ma sono stati 5 giorni
meravigliosi per cui ringrazio gli altri 3599 presenti che mi hanno
arricchito molto. Grazie ragazzi.
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By Marco A. L. Calamari on August 21, 2017.
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