L’Agenda di Cassandra/ Aiutiamo Piacentini

(388) — Per cambiare e digitalizzare l’Italia, serve fare piazza pulita di tutto l’esistente? Come può cambiare l’approccio del nuovo team…


L’Agenda di Cassandra/ Aiutiamo Piacentini

(388) — Per cambiare e digitalizzare l’Italia, serve fare piazza pulita di tutto l’esistente? Come può cambiare l’approccio del nuovo team per coinvolgere pubblico e privato?

9 gennaio 2017 — A cavallo delle feste, la lettura di quanto narrato degli organi di informazione e dai media sugli accadimenti dell’Agenda Digitale ha rivelato, a meno che Cassandra non si sbagli di grosso, un significativo cambiamento di toni. Quindi risaliamo alla fonte e leggiamo questo post di Piacentini su Medium, per cercare di cogliere quello che è il pensiero del leader di un gruppo, costruito e finanziato da un decreto della Presidenza del Consiglio, che comunque esisterà e lavorerà per due anni, anche se certamente messo in difficoltà dalla caduta del Governo.Non è chiaro quali siano i loro rapporti con il nuovo Governo: se siano rimasti inalterati, se siano peggiorati od in parte si siano dissolti. Certo è che l’attenzione della classe politica, di cui il Governo fa ovviamente parte, è adesso più che mai concentrata su temi quali la legge elettorale, le future elezioni e le questioni bancarie.

Ancor meno tempo di prima resterà quindi per supportare il gruppo di lavoro di Piacentini, che Cassandra preferisce chiamare così, in maniera descrittiva, invece che col nome ufficiale “Team di Trasformazione Digitale” che come troppi nomi rintracciabili nell’agenda digitale italiana (tutte minuscole, mi raccomando) eccede in pomposità.

Come ben sanno le persone che hanno lavorato 30–40 anni in grandi organizzazioni, sia nel pubblico che nel privato, più un progetto o un’iniziativa sono calati dall’alto, più vengono propagandati con buzzword e parole d’ordine, maggiori sono le possibilità di un completo fallimento, se non addirittura di un mancato decollo. Questo in maniera del tutto indipendente dal valore o dalla necessità del progetto o dell’iniziativa.

L’incarico ricevuto da Piacentini e dal suo gruppo, di cui fanno parte persone di indiscutibile valore e competenze, parte con tutti e due questi handicap.

Il primo, essere un’iniziativa calata dall’alto, è inevitabile per la sua stessa natura. Il secondo, ahimè, è che quello che è passato attraverso le grancasse della comunicazione, specialmente sui media generalisti, è stato appunto del tipo suddetto, top-down: “vi diciamo di cosa avete bisogno”, “vi diciamo che cosa bisogna fare”.

Ahimè, proprio i due problemi di cui sopra affliggono il gruppo. Problemi, ripeto, indipendenti dalla volontà di Piacentini ma connaturati al tipo di iniziativa in cui ha, certo con molto coraggio, deciso di cimentarsi. Questo non potrà che creare problemi per i rapporti che il gruppo di Piacentini deve avere con le pubbliche amministrazioni, alle quali avrà l’ingrato e difficile compito di dover fare da “consigliere” non richiesto ma calato dall’alto.

Tuttavia, come dicevamo, un cambio di marcia, anche se piccolo, si è sentito, cioè una comunicazione più utile orientata al pubblico, come questo post di un membro del gruppo su Medium che, pur non essendo rivoluzionario, comunica col tono giusto dei concetti giusti, ma soprattutto si rivolge alle persone giuste.

Chi sono le persone “giuste”? Certamente i cittadini italiani più o meno informatizzati, che cercano di capire cosa succede, che cosa sono “il pin di Renzi” o l’ennesima incarnazione della Carta di Identità Elettronica, se siano bufale dalla vita breve o cose utili che vale la pena di conoscere ed usare.

Ma ancor di più sono le ormai due generazioni di operatori della Rete, nati dalla passione, che si sono costruiti una reputazione talvolta su scala planetaria tra i loro pari, ma che solo raramente hanno ottenuto posizioni degne di loro nell’industria o nella pubblica amministrazione, che tipicamente li ignora, o se li ha in casa per caso, non li sfrutta ma semmai li marginalizza.

Sono questi i mancati interlocutori del gruppo di Piacentini, persone che non hanno neppure preso in considerazione, per motivi oggettivi o per sfiducia, la possibilità di mandare il loro curriculum durante la selezione del gruppo.

Perché queste persone sono importanti? Perché fanno parte di comunità che “fanno”, ai massimi livelli e per scopi precisi, spesso gratis, come i fondatori della Rete. Avrebbero probabilmente molto da dare ed insegnare, ma per il tipo di genesi del gruppo non ne sono stati nemmeno sfiorati.

Sul quotidiano “Agenda Digitale” è apparso un’iniziativa denominata appunto #AiutiamoPiacentini che però, almeno oggi, contiene un articolo in cui vengono dati dalla persona “da aiutare” 5 consigli alle Regioni.

Non una richiesta di aiuto, ma un input. Forse non è il modo giusto per ottenere aiuto: allora, visto che di un hashtag si tratta, cosa troviamo su Twitter? Troviamo solo qualche post originale, come la rappresentazione grafica dell’incarico ricevuto da Piacentini. Ma i problemi veri rimangono.

Il non-ascolto delle persone “giuste”, il lavorare con un approccio top-down, il ritenere che gli interlocutori siano quelli bisognosi di cambiamento sono problemi elencati addirittura nell’editoriale di “Agenda Digitale” del 20 dicembre. In sintesi, “siamo partiti male, c’è bisogno di un cambio di rotta”.

Appunto, ci sono due cambiamenti importanti da fare: ascoltare la Rete e non solo le Aziende o le PP.AA. è certamente il primo. Ma il secondo, a parere di Cassandra, è “basta innovazione ad ogni costo”, “basta rivoluzioni continue”. Le PP.AA., anche dal punto di vista informatico non sono da buttare, ci sono tante cose che funzionano in modo almeno dignitoso.

Partiamo da quelle, dallo spirito di conservare il buono ed integrarlo con altri sistemi. Il concetto di “Reti di servizi” enunciato al tempo del CNIPA (qualcuno se lo ricorda?) è valido anche oggi, ma non deve per forza essere attuato con tecnologie di ultimo grido come l’API Management.

Valorizzare un antico programma COBOL, che gira su un vetusto AS400 facendolo interagire con i protocolli della Rete, ha perfettamente senso. Può avere effetti pratici uguali o maggiori di quelli di una nuova tecnologia, anche se avrà meno pubblicità sui media.

Se il “rivoluzionario” ha la sensibilità di percepire il valore dell’integrazione e della conservazione, si accorge che spesso la miglior “rivoluzione” è appunto la conservazione del buono, e si comporterà come un “riformatore”.

Chi investe tutto e sempre in roboanti rivoluzioni e novità, spesso rischia, certo con le migliori intenzioni, di far danno, sprecare risorse, e far fallire iniziative magari giustissime ma irrealistiche perché troppo ambiziose, troppo lontane dalla realtà, o ambedue le cose.

Questo, oltre che i suoi auguri di buon lavoro, è il piccolo contributo di Cassandra per aiutare Piacentini ed il suo gruppo.


Originally published at punto-informatico.it.


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By Marco A. L. Calamari on December 6, 2023.

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