(384)— Far sparire dalla circolazione monete e banconote come scusa per la caccia all’evasione fiscale sembra un altro modo per…
(384)— Far sparire dalla circolazione monete e banconote come scusa per la caccia all’evasione fiscale sembra un altro modo per tecnocontrollare gli onesti cittadini. E la nuova Legge di Bilancio ci mette pure il carico da 11.
02 dicembre 2016 — Cassandra si è già occupata più volte del problema legato al denaro contante, sempre più malvisto da governi e autorità economiche, qui e qui, sostenendo l’utilità pratica e il buon diritto dei cittadini (onesti fino a prova contraria) ad usarlo, ovunque lo desiderino.
Il denaro contante è invece considerato ormai solo uno strumento di illegalità e un ausilio per i disonesti. Non c’è da meravigliarsi che nel mondo del tecnocontrollo totale anche gli enti preposti, che non riescono a far pagare le tasse ad ampie categorie di furbi e di disonesti, vedano nella smaterializzazione dei pagamenti, ottenuta scoraggiando con ogni mezzo l’uso del contante, una via maestra per combattere l’evasione. Ma a quale prezzo?
Consideriamo che buona parte della grande evasione è già oggi “smaterializzata”, e viaggia tranquillamente per via telematica da e per i paradisi fiscali, utilizzando non valigie di contanti o i (famigerati) Bitcoin, ma le normali reti telematiche bancarie.
Pur non essendo convertibile (in oro), il denaro contante che ha circolato in Italia ante ’70 recava scritte di estrema importanza economica, come “Pagabile a vista al portatore” o “Questa è valuta legale per il pagamento di ogni debito pubblico o privato”.
Le ha perse già prima dell’avvento dell’euro, più o meno contemporaneamente a quando il dollaro americano perdeva, ultima valuta mondiale a possederla, la sua convertibilità in oro.
Dal 2002 l’euro ha sostituito la lira, e le banconote in euro non sono mai state convertibili in oro, e nemmeno hanno mai recato le suddette dizioni. D’altra parte l’euro era già nato nel 1999 come “moneta virtuale”… ma questa è un’altra storia.
In questo modo, come altre monete, l’euro è divenuta una valuta sostanzialmente sganciata da qualsiasi valore “materiale”, sia esso un lingotto d’oro, sia (importantissimo) una frazione infinitesima del PIL di uno stato-nazione, che tramite la banconota si dichiara tuo “debitore”. In effetti il valore dell’euro e delle valute moderne è il frutto di un equilibrio di mercato deciso tra i suoi detentori, come qualsiasi altro bene non monetario, virtuale o reale.
Quindi la differenza tra queste valute moderne come l’euro e le criptovalute sintetiche tipo Bitcoin è diventata minima: praticamente è costituita solo dalla carta (e ovviamente dal “calibro” dei suoi possessori).
Contemporaneamente sono iniziate le restrizioni alla circolazione di contante, a favore delle transazioni bancarie o elettroniche. La non irragionevole motivazione è stata, oltre alla solita “lotta all’evasione”, la lotta al riciclaggio di denaro di origine criminale.Ma in questa arena, dove le massime questioni si affrontano, il diritto di un cittadino onesto di non essere tracciato nelle sue spese quotidiane si è perso? O forse non c’è mai stato?
Potrebbe sembrare una questione di principio più o meno sterile, ma la perdita di privacy anche dell’acquisto di una rivista, di un medicinale o di un preservativo è comunque una riduzione di spazi di libertà per i cittadini di uno stato democratico.
La lotta al riciclaggio del denaro sporco finisce per somigliare molto all’applicazione del classico “pedoterrosatanismo” come “carico da 11” (direbbe Montalbano) per pilotare l’accettazione da parte dell’opinione pubblica di norme in realtà mirate ad altri fini.
Quindi i cittadini “onesti” (secondo questa nuova definizione) dovrebbero tenere sempre i soldi in banca e pagare solo con bonifici, carte e bancomat. Tutto bene? E se una banca, proprio la tua, fallisce? O magari più di una? I 24 informatissimi lettori risponderanno che i piccoli risparmiatori sotto i 100.000 euro saranno tutelati dallo Stato tramite il Fondo di Garanzia Interbancario e non perderanno nulla.
Ora, a parte che in un crack bancario i correntisti non potrebbero ritirare nemmeno un centesimo per un periodo di tempo valutabile in parecchi mesi (pensate a cosa succederebbe a voi in questo caso), c’è un “piccolo” problema: quanto è reale il Fondo di Garanzia? Quanto sono larghe le sue spalle?
Alcune fonti riportano che nel 2014, a fronte di depositi rimborsabili per 508 miliardi di euro, il fondo era costituito da 1,66 “miseri” miliardi di euro, che corrispondono ad appena lo 0,30 per cento degli aventi diritto. Cassandra è pronta a scommettere che la situazione non sia cambiata di molto in questi ultimi due anni.
Questi soldi bastano solo se “salta” una piccola banca; già con una media o grande (e figuriamoci con più banche) il Fondo di Garanzia sarebbe meno di un “pannicello caldo”. Si aggiunga a ciò che nei meandri dei lavori in commissione sulla Legge di Bilancio, da poco approvata alla Camera e in viaggio per il Senato, era comparso un emendamento che proponeva l’esonero del bail-in per i depositi bancari riconducibili allo Stato e agli Enti locali (regioni, province, comuni e altri enti pubblici territoriali), addossando i rischi su tutti gli altri depositanti, ovviamente i privati e le imprese.
Quindi non potendo usare i contanti, ma dovendo mantenere i propri soldi nei conti correnti, si è in pratica costretti ad accollarsi anche i rischi a cui sarebbero esposti i conti dello Stato e delle amministrazioni locali. Equo, non vi pare?
Dulcis in fundo, nel testo della Legge di Bilancio (che quest’anno include anche il decreto fiscale) è contenuta una norma, ovviamente con l’accattivante titolo in inglese di Voluntary Disclosure, che parifica il possesso di contanti a un’evasione fiscale accertata, con inversione dell’onere della prova. Sì, avete letto bene, “accertata”: è chi ha i contanti che si deve giustificare.
Ma torniamo all’emendamento salva-bail-in per i conti correnti pubblici: Cassandra non è riuscita a capire se l’emendamento sia stato o meno inserito nel testo depositato al Senato, essendo costituito dall’aggiunta di una frase a una norma preesistente. Chi riuscisse a esplorare l’elefantiaco testo di quasi mille pagine a questo proposito, farebbe cosa buona, anzi ottima, se ce lo potesse far sapere.
Nel frattempo, la complessa situazione descritta sembra, per usare un eufemismo, portare a nuovi e più alti livelli l’etica “dei due pesi, due misure”, dove il peso minore e la misura minore toccano sempre ai soliti.
Originally published at punto-informatico.it.
By Marco A. L. Calamari on September 15, 2017.
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