(328) — Le macchine del passato possono essere un meraviglioso esempio dell’ingegno e dell’inventività dell’uomo. Che non sempre, oggi, è…
(328) — Le macchine del passato possono essere un meraviglioso esempio dell’ingegno e dell’inventività dell’uomo. Che non sempre, oggi, è in grado di apprezzarne fino in fondo l’assoluta modernità.
22 agosto 2014 — Cassandra è stata tentata di retrodatare di una dozzina d’anni questi “spiccioli”, ma per totale onestà intellettuale, sottolinea che il protagonista di queste righe non è un fascinabile bimbo di cinque anni, ma un sedicenne già in odore di studi di ingegneria. In quel tempo i bit erano confinati in mainframe sigillati in centri di calcolo, sparsi in giro per il mondo, spesso a loro volta asserviti ad entità analogiche come gli operatori umani, i lettori di schede di cartoncino ed i perforatori di nastri cartacei.
Il nostro protagonista fu, un giorno del lontano 1972, condotto dalla di lui genitrice in un posto mai sentito nominare prima.
Tale luogo si trovava (e l’imperfetto è ahimè d’obbligo) a Montecarlo, a Villa Sauber, ed era chiamato “La collection de poupées et automates de M.me Madeleine de Galéa”.
In una bella villa liberty sul lungomare, già magione di M.me de Galéa, ricca vedova francese vissuta a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, la spensierata padrona trascorse gli ultimi 30 anni della sua vita mettendo insieme una delle più grandi collezioni private di bambole al mondo. Ed agendo per puro piacere personale, la realizzò a suo totale gusto, senza nessuna pretesa antiquaria o di strutturazione.
Nell’ultimo periodo, dopo che le fu necessario comprare la villa accanto per poter ospitare tutta la collezione e mostrarla all’ora del tè ai suoi ospiti, il suo interesse si spostò sugli automi, che iniziò a collezionare con la stessa spensieratezza, ma con costi e difficoltà decisamente maggiori.
Alla sua morte, nel 1956, la collezione di automi era arrivata a circa ottanta piccoli grandi capolavori.
Qualche anno dopo l’erede donò l’intera collezione all’allora principe Ranieri III di Monaco; essa fu infine organizzata ed aperta al pubblico nel 1972, proprio a villa Sauber.
Fu così che il nostro virgulto d’ingegnere fu condotto, ovviamente saltando completamente la collezione di bambole, direttamente nelle sale degli automi. Colà, in quello strano museo immerso in una penombra conservatrice, restò a bocca aperta di fronte ad ampie vetrine di mogano che contenevano questi costosissimi ed inutili, e splendidi proprio per questo, oggetti animati.
I delicatissimi automi funzionavano davvero per i visitatori; dei più importanti erano state infatti realizzate repliche esatte, e queste potevano essere viste in azione.
E così “Zulma, l’Incantatrice di serpenti” poteva suonare, respirare, muoversi ed ammaliare il rettile che l’avvolgeva, ed il povero “Arlecchino scrivano”, seduto al suo tavolino, poteva comporre una lettera d’amore alla sua Colombina, intingendo ogni due parole la penna d’oca nel calamaio. Barboni acrobati, Orchestre di Scimmie, Pianisti-arpisti ed altri ricordi più o meno vividi di questi incredibili oggetti lo hanno da allora accompagnato, insieme al “Fumatore di narghilè” che era l’unico autorizzato a fumare vero tabacco in un museo.
Nei tanti anni passati l’ormai da tempo ingegnere ha cercato di tornare al museo, con la scusa di mostrarlo ad amici, tutte le volte che gli è stato possibile.
Sofia, ormai forse troppo grande o troppo tecnologizzata, è stata l’ultima a beneficiarne, pur senza un particolare entusiasmo. La volta successiva però, come il Tardis, il museo delle meraviglie era sparito, ed al suo posto c’era un “normale” museo di arte moderna, dove niente sapevano di cosa fosse stato della “Collection de Galéa”.
Quest’anno finalmente ho avuto voglia di insistere, ed intervistando un paio di impiegati del museo e googlando a più non posso la verità è venuta fuori.
La collezione era costosissima da mantenere e necessitava di continui restauri, l’orientamento del Principato era quello di favorire le arti moderne e gli spazi mancavano.
Il “Museo Nazionale di Monaco” è perciò diventato il “Nuovo Museo Nazionale di Monaco”, e a degnissima arte moderna l’ha completamente occupato. Bambole ed automi sono stati, speriamo amorevolmente, inscatolati ed immagazzinati da qualche parte nel Principato, come Han Solo nella grafite.
Un paio degli automi più pregevoli, Zulma ed il Fumatore, sono stati prestati per un’esposizione, ed un altro esemplare di Zulma è stato recentemente avvistato durante la vendita in un’asta specializzata. Dell’Arlecchino scrivano nessuna traccia, nemmeno su Google.
Il Principato diventa sempre più moderno, e lo spazio nei musei non basta mai (e la situazione di un altro, quello navale lo dimostra chiaramente); purtroppo a causa della crisi, che fatte le debite proporzioni colpisce anche qui, tutti i progetti di nuovi spazi museali sono abortiti.
Tuttavia, entità come la collezione degli automi di M.me de Galéa non possono essere costruite con un processo museale evolutivo; devono nascere già complete e perfette, e solo un fortunato individuo può ogni tanto nella storia permetterselo.
Se parlassimo di altri automi, quelli cellulari di “Life”, la collezione di Galéa potrebbe essere definita un “Giardino dell’Eden”, una configurazione che non può essere ottenuta tramite evoluzione di un mondo, ma solo costruita completa fin dall’inizio da un “dio”.
E così queste piccole grandi e delicate meraviglie rimarranno in qualche caveau, in attesa che i modernizzatori passino di moda ed il futuro di ieri venga riscoperto, rivalorizzato e necessariamente anche restaurato.
E chissà se Colombina ha ricevuto la lettera del suo amato. Se egli non l’avesse ancora finita, la poveretta dovrà aspettare per molto, molto tempo.
Originally published at punto-informatico.it.
By Marco A. L. Calamari on April 12, 2020.
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