Spiccioli di Cassandra/ Buy different?

(324) — Produrre un caricabatterie standard e a basso costo non è certo una sfida tecnologica. Eppure, fra le aziende IT, c’è ancora chi…


Spiccioli di Cassandra/ Buy different?

(324) — Produrre un caricabatterie standard e a basso costo non è certo una sfida tecnologica. Eppure, fra le aziende IT, c’è ancora chi costringe i consumatori a fare una scelta antieconomica.

4 luglio 2014 — È notizia di tutti i giorni che i fabbricanti richiamino dei prodotti venduti perché certi lotti di fabbricazione potrebbero guastarsi od essere pericolosi. Batterie di laptop e di cellulari sono stati casi clamorosi in questi anni: ci sono ditte che ne hanno risentito pesantemente anche a livello azionario, come nel caso di Sony.

Questi richiami avvengono di solito su prodotti definiti “di marca”, mentre sono piuttosto rari su quelli di “marche” meno note e/o di fabbricazione più economica.È abbastanza normale che i richiami vengano fatti in maniera preventiva su questioni secondarie, non particolarmente pericolose e magari solo estetiche.

In altri casi, estremi quanto famosi, si verificano solo dopo che qualcuno che aveva affidato la sua vita ad un’automobile ci ha rimesso la vita, molto molto dopo. Il tema dei prodotti “di marca” e “non di marca” ha sempre interessato Cassandra, che in una vita precedente ha lavorato per una azienda ora scomparsa occupandosi di R&D di hardware informatico.

Anche comportamenti delle aziende produttrici di cellulari che producevano caricatori volutamente incompatibili tra marche diverse e persino tra modelli di una stessa marca, sono stati esposti agli insaziabili 24 lettori, come pure le lodevoli azioni che la Comunità Europea ha intrapreso contro queste pratiche commerciali scorrette borderline.

Tutti i componenti elettronici moderni funzionano a 5 volt o con tensioni ancora inferiori (3.3 volt e meno). Vedi caso le specifiche tecniche dei collegamenti USB richiedono che qualunque apparecchiatura USB attiva fornisca questa tensione, con un amperaggio di 400 milliampere, su ogni presa USB. Lo fa anche il vostro pc.

Nessuna ragione tecnica impedisce quindi di alimentare e ricaricare qualsiasi cellulare, anzi qualunque apparecchiatura elettronica moderna, da una qualsiasi presa USB, e di prevedere di inserire una presa USB mini o micro nel cellulare come collegamento ad un tale alimentatore.

In questo modo un semplice cavo USB può collegare qualsiasi cellulare con qualsiasi alimentatore che produca la tensione standard di 5 volt e sia dotato a sua volta di presa USB.

È il cellulare stesso che deve controllare, tramite appositi componenti, quanta corrente può e deve prelevare dall’alimentatore, ed eventualmente abbassarne la tensione se ne ha la necessità.

Si tratta di una scelta tecnica naturale, che in passato non era stata mai praticata al fine di poter tenere artificialmente alto il prezzo degli alimentatori.

Questa situazione è divenuta così scorretta che la Comunità Europea ha legiferato in merito, ed ha imposto ai produttori l’alimentatore USB per poter vendere cellulari nei paesi membri, a tutto vantaggio della concorrenza e dei consumatori. Una nota azienda tuttavia ha stiracchiato la normativa europea, mantenendo nel cellulare una presa non standard, ma fornendo a richiesta (non a corredo) un apposito adattatore. Fino ad ora non ci sono state reazioni da parte della Comunità Europea, ed ovviamente nemmeno dai clienti.

Pare che la stessa azienda abbia anche dotato la prossima release del suo sistema operativo di una funzionalità di blocco dell’alimentatore se questo viene riconosciuto come “non originale”. La giustificazione è che alimentatori o cavi cosiddetti “non originali” potrebbero danneggiare il prodotto.

Certo è possibile, dipende appunto da come e quanto bene è progettato il prodotto. Vale la pena di notare che prodotti perfettamente funzionanti ed economicissimi non hanno bisogno di alimentatori speciali per caricare le loro batterie. Prodotti che costano dalle 4 alle 6 volte tanto invece sì?

Sia chiaro, un produttore, finché non viola leggi o regolamenti, può inserire nei suoi prodotti quello che vuole: se il prodotto avrà successo e le quotazioni azionarie resteranno buone non c’è problema. È altrettanto noto che Murphy non fa sconti a nessuno, nemmeno alle multinazionali. Infatti è accaduto che quasi contemporaneamente la stessa azienda abbia dovuto provvedere al richiamo di alcune partite di alimentatori cosiddetti “originali” perché potrebbero essere pericolosi.

D’altra parte, al di là di leggi e regolamenti che possono essere più o meno efficaci per frenare distorsioni di mercato, oltre che le parole “innovazione” e “qualità” c’è anche quella magica “standardizzazione”. La standardizzazione agisce a lungo termine anche a vantaggio delle aziende, ma sempre e subito a vantaggio dei consumatori.

Fornire 5 volt di tensione ad una circuiteria che deve caricare una batteria non rappresenta una sfida tecnologica: un alimentatore che realizzi un simile prodigio tecnologico con componenti di qualità nel mercato odierno deve arrivare ai consumatori a pochi euro, dove “pochi” è “meno di 10”.

La standardizzazione esiste anche in pratica: gli alimentatori (non solo quelli, ma quelli in particolare) sono fatti tutti in estremo oriente, dalle stesse aziende, che usano gli stessi componenti e processi produttivi di maggiore o minore qualità a seconda delle specifiche e dei controlli richiesti dalle aziende clienti.

Queste differenze possono quantificarsi in qualche decina di centesimi di euro sui costi di un oggetto come un alimentatore. Non a caso i difetti si presentano con una frequenza quasi indipendente dalla marca, dal tipo e dal costo dell’apparecchiatura insieme a cui l’alimentatore viene acquistato.

Ma alla fine non esiste problema. Il potere, come sempre, è solo nelle mani dei consumatori.

Volete un frigorifero che funzioni a 207 volt e che vi obblighi a conservarci solo una certa marca di latte altrimenti si spegne?

Va bene così. Compratevelo.


Originally published at punto-informatico.it.


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By Marco A. L. Calamari on July 13, 2023.

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