Cassandra Crossing/ Wikileaks, Anonymous e i giornalisti

(220)— Chi fa l’inchiesta? Chi fornisce le informazioni? Chi le elabora? Chi ne sostiene le conclusioni? Ma soprattutto: qual è il confine…


Cassandra Crossing/ Wikileaks, Anonymous e i giornalisti

(220)— Chi fa l’inchiesta? Chi fornisce le informazioni? Chi le elabora? Chi ne sostiene le conclusioni? Ma soprattutto: qual è il confine tra legale e illegale, tra giusto e sbagliato?

22 aprile 2011— Al festival del giornalismo di Perugia, dove un po’ di gente di Wikileaks ha fatto un lungo intervento (c’era anche Daniel Domscheit-Berg, il defezionista di Wikileaks) una giornalista ha posto una questione interessante, che sintetizzata al massimo suona così:

“Esiste una entità che cerca fatti poco noti od addirittura nascosti allo scopo di portarli alla conoscenza di tutti. Nel far questo, spesso tra grandi difficoltà e talvolta correndo dei rischi, opera tuttavia con grande senso etico e correttezza, cercando le fonti e proteggendole con tutte le sue forze. Questa entità non è Wikileaks, è il giornalismo”

Bene, la questione posta è interessante, e francamente la risposta del panel di Wikileaks è stata molto diplomatica, quasi formale alla volemose bene. Non è stata certo quella che Cassandra avrebbe dato, e che pur non enunciata è sempre evidente nel comportamento di Wikileaks e di altri siti simili come Cryptome, così evidente che ad un giornalista avveduto non puo’ certo sfuggire.Il focus del lavoro di Wikileaks è nella diffusione dell’informazione “nascosta”, ma differentemente dal giornalismo investigativo o di inchiesta l’informazione, dopo un controllo di autenticità e in casi particolari una selezione, viene diffusa senza ulteriori elaborazioni, così come è.

Il giornalismo, anche quello di inchiesta od investigativo, introduce una pesante elaborazione dei materiali ricevuti dalle fonti. In esso è normale che l’informazione originale perda la propria identità e diventi il supporto di una tesi limitata o a essa collaterale, magari totalmente corretta ma anche monocromatica od estremista. Un perfetto esempio è la recente trasmissione di Report su Facebook “Il prodotto sei tu”, che pur nella sua totale correttezza possiede tutte queste peculiarità.

Il giornalismo diffonde usualmente informazione elaborata, dove le opinioni prevalgono normalmente sui fatti, spesso non ne sono separate e talvolta li nascondono completamente, rendendo il lavoro di una parte dei giornalisti d’inchiesta (ovviamente la parte peggiore) quasi indistinguibile da quello di un romanziere, e quasi altrettanto verificabile da chi volesse farlo.L’informazione così mediata induce alla passività, al conformismo. Quella che Wikileaks ha improvvisamente portato alla ribalta, per chi la voglia fruire ovviamente non per chi ne parla soltanto, risveglia il senso critico, l’interpretazione personale, agisce come stimolante in un mondo fatto di giornali e trasmissioni televisive che sembrano spesso clonate le une dalle altre.

Un’altra domanda interessante ed un po’ sfacciata posta da uno spettatore a Domscheit-Berg è stata se gli Anonymous non facessero meglio è più incisivamente il lavoro di Wikileaks. La risposta è stata che (secondo loro) gli Anonymous lavorano in maniera incoerente, improvvisata e talvolta illegalmente, mentre Wikileaks al contrario ha sempre privilegiato un comportamento certo atipico rispetto ai media tradizionali, ma formale e sempre rispettoso della legalità.

Ora Cassandra non ha mai apprezzato e tanto meno sostenuto comportamenti che non fossero completamente legali. In effetti, pur non essendo semplice definire chi o che cosa sono gli Anonymous, è certo che il loro comportamento, pur giustificato da motivazioni espresse chiaramente e spesso condivisibili, è stato altrettanto spesso parzialmente o totalmente illegale, e come tale certamente non condivisibile.

Però la posizione assunta dagli esponenti di Wikileaks appare, nella sua adamantina formalità, leggermente ipocrita. Wikileaks infatti sollecita da parte dei leaker, i fornitori di informazioni, comportamenti come l’invio di informazioni riservate o segrete, atto che quasi certamente implica un comportamento illegale del leaker. Per dirla in termini brutali, induce altri a fare il lavoro sporco: difficile quindi ergersi a paladini della legalità da questo punto di vista.

Dalle sue dichiarazioni precedenti credo che, se avesse potuto essere presente, Julian Assange avrebbe detto cose magari simili nella sostanza ma ben diverse nella forma e nella descrizione dei rapporti con “diversi” come gli Anonymous: che, seppur sbagliando, hanno spesso motivazioni di fondo assai simili a quelle di Wikileaks.

Ma quest’ultima e senz’altro garbata ipotesi, che vale per quello che vale, è farina del sacco di Cassandra: quindi, mi raccomando, non processate Julian anche per questo…


Originally published at punto-informatico.it.


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By Marco A. L. Calamari on February 22, 2023.

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