(125) — Una decodifica ragionata del dibattito mediatico sulla privacy: etichette strappate e categorie svuotate con orpelli retorici per…
(125) — Una decodifica ragionata del dibattito mediatico sulla privacy: etichette strappate e categorie svuotate con orpelli retorici per manipolare e parlarsi addosso.
27 giugno 2008 — Il dibattito sulle intercettazioni e sulla “privacy” fatto a colpi di prime pagine e disegni di legge ad hoc, si è ormai esaurito; l’agitazione delle norme pro premier ed anti premier, pro processi ed anti processi, pro falsificatori di bilanci ed anti falsificatori di bilanci è ormai rientrata più o meno silenziosamente nell’alveo degli iter legislativi.
Quel che succederà è oggi ancora in parte incerto ma, forse con sorpresa di qualcuno, non sarà nemmeno oggi l’argomento di Cassandra Crossing.
La buriana mediatica che ha accompagnato questo dibattito mi ha infatti un po’ sommerso. Come una sensibile telecamera notturna viene completamente abbagliata dai riflettori, così sono stato sia sorpreso che paralizzato dal vedere le prime tre pagine di un quotidiano nazionale completamente dedicate alla “privacy”, e seguire intere puntate dei più popolari contenitori televisivi in cui illustri contendenti ne facevano materia di risse verbali.
Questo effetto disabilitante, se da una parte mi ha magari impedito di portare un contributo, dall’altra mi ha permesso di osservare con più distacco l’acceso dibattito, e di notare con maggior chiarezza alcuni fatti più o meno oscuramente intuiti in precedenza.
Intendiamoci, si parlerà di ovvietà di cui qualunque massmediologo o filosofo moderno potrebbe solo sorridere; paragonato invece al livello di approfondimento dei dibattiti visti in televisione, sulle reti sociali o semplicemente durante cene tra amici, sembreranno invece argomenti profondi e concettosi.Ma prima dobbiamo richiamare alcune nozioni utili…
Parole come etichette: Fred Hoyle, nel suo romanzo “La nuvola nera” fa dire al protagonista Nuvola, che comunica telepaticamente coi suoi simili, una frase che ben riassume il problema di fondo della comunicazione umana: “… voi (umani) comunicate con etichette a cui associate esperienze e stati d’animo; questo è possibile solo tra esseri praticamente identici…” (cito a memoria)
Linguaggio come manipolazione di etichette: Lisp, un linguaggio di programmazione nato insieme alle prime ricerche sull’intelligenza artificiale, realizza operazioni non con numeri o valori logici, ma tramite la manipolazione di liste di oggetti. Questo tipo di elaborazione risulta molto efficace anche nelle ricerche sul linguaggio. Non è un “linguaggio” nel senso comune del termine, ma solo una tecnica di elaborazione di simboli.
Significato come processo condiviso: se le parole sono etichette, il loro significato dove risiede? La risposta classica è che il significato viene formato con l’apprendimento delle nozioni proprie di una cultura, a scuola insomma. Ma descrivere il significato come processo condiviso non deve far perdere di vista che questo processo è dinamico e mutevole, e che è legato al consenso, volontario o condizionato, della maggioranza.
Manipolazione del pensiero tramite il linguaggio: come il buon Orwell aveva esaustivamente e tecnicamente spiegato in “1984” e nella sua appendice dedicata alla Neolingua, il pensiero razionale si forma attraverso il linguaggio, usa le sue categorie per descrivere la realtà. Modificare il linguaggio sopprimendo, alterando o creando nuove categorie o semplicemente modificando il “significato” delle parole, modifica la realtà come percepita ed interpretata dalle persone.
Pensiamo al significato della parola “autonomo” prima e dopo gli anni ’70. Pensiamo al significato del nome “hacker” in questo e nel precedente millennio.
Meme: “un meme — spiegano i contributor di Wikipedia — è una entità di informazione della cultura umana replicabile da una mente o da un supporto simbolico di memoria — per esempio un libro — ad un’altra mente o supporto. In termini più specifici, un meme è”un’unità auto-propagantesi” di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica. Come l’evoluzione genetica, anche l’evoluzione memetica non può avvenire senza mutazioni”.
Manipolazione della realtà tramite l’uso dei media: le tecniche pubblicitarie si sono evolute nella direzione della massima efficacia della manipolazione dei consumatori. Poiché devono convincere esseri mediamente ragionevoli ad agire in contrasto con la logica e la realtà, comprando cose non necessarie e valutando secondo categorie artificiali la soddisfazione di bisogni indotti, devono agire in profondità nel pensiero e nel comportamento cercando di essere sia efficaci che impercettibili, anzi percepite con piacere.
L’amplificazione di notizie lontane ed irrilevanti tramite la ripetizione ed il rinforzo tra un media e l’altro fa sì che si parli non dell’economia reale ma delle condizioni climatiche delle isole Fiji, non dei problemi reali quotidiani ma di quelli inventati e discussi nei salotti televisivi.
Anche con questo (ho sentito qualcuno dire “principalmente”?) si costruisce e si cavalca il consenso.Usando questi strumenti vi propongo la seguente decodifica ragionata (dire “razionale” sarebbe forse pretendere troppo) del dibattito sulla “privacy”.
Privacy ed intercettazioni: la querelle si è giocata tra sostenitori dell’uso positivo e motivato delle intercettazioni e difensori della privacy. Prima di tutto è necessaria la correzione di una falsificazione semantica: non “difensori della privacy” ma semmai “oppositori all’uso delle intercettazioni”.
Cosa c’entra la difesa della privacy quando i “difensori” non spendono nemmeno una parola sul decreto Pisanu che continua a far accumulare dati telefonici ed Internet su tutti gli italiani senza che si sappia se, quando e come saranno cancellati?
Che senso ha parlare di difesa della privacy di chi è intercettato (nel 2005 un pur inconcepibile 0,7 per mille degli italiani) e poi tacere che il 100% degli italiani viene sempre intercettato in una maniera così subdola ed efficace che nemmeno Orwell era riuscito ad immaginare?
La parola privacy ha risuonato a lungo nei bar e nelle riunioni intellettuali e salottiere, sui giornali ed in televisione, sulla bocca di politici, magistrati, semplici cittadini. Ma quale era il suo significato? Di che cosa parlavano?
Suonava vuota, come gli oggetti finti in un negozio di mobili, era un codice a barre, un’etichetta staccata e sospinta in giro dal fiato sprecato di discorsi privi di senso o peggio ancora artatamente costruiti.
Era una allegoria dei simboli di un mondo digitale manipolato non col Lisp ma con antichi strumenti propagandistici e dialettici già cari a Cicerone.
La “privacy” che ha imperversato in questi giorni è un meme mutante malefico, prodotto artificialmente per inquinare le menti ed il ragionamento.
Ora la quiete è tornata, e siamo messi come prima.
Verso Natale saremo messi anche peggio.A dicembre avremo un altro decreto “milleproroghe”, e gli stessi dotti e convinti difensori della privacy di ieri e di oggi troveranno il modo di infilarci nuovamente una proroga del decreto Pisanu, condita da recepimenti assortiti di direttive e trattati internazionali.
Possibile che anche persone colte e ragionevoli non si accorgano di essere manipolate? Cecità di massa indotta?
O solo il vecchio ma sempre temibilissimo sonno della ragione?
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By Marco A. L. Calamari on October 21, 2023.
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