(5)— A chi i vantaggi della new economy? Dalle raccomandate online alle tariffe dei servizi informativi via telefono, alla posta…
(5)— A chi i vantaggi della new economy? Dalle raccomandate online alle tariffe dei servizi informativi via telefono, alla posta elettronica certificata. Faranno pagare anche per l’aria?
30 settembre 2005 — Considerare vari fatti in relazione tra loro è un buon modo per prevederne altri. Come per la TCPA prossima ventura, eccone un altro insieme preoccupante. Ma andiamo con ordine.
E’ notizia di questi giorni che i servizi informativi via telefono avranno aumenti notevoli; chi ricerca un numero con i bellissimi operatori delle pubblicità rischia di spendere più che invitandoli in pizzeria. L’offerta di questi servizi non rappresenta certo un risparmio per le persone, piuttosto un nuovo mercato da sfruttare per le aziende.
Anche fare raccomandate via internet sembra procedere in questa direzione. Aldilà delle polemiche sulla piattaforma ed i formati proprietari, per utilizzarle l’utente deve installare un software ed imparare una procedura, investendoci tempo. Cosa ottiene in cambio? Essenzialmente il fatto di non dover fare fila alla posta (veramente le file non dovrebbero proprio esserci, ma questa è un’altra storia).
Già, perché in quanto a risparmio il costo di una raccomandata è uguale alla versione cartacea. Considerato che i costi per Poste Italiane sono molto ridotti, visto che tutta la procedura è automatica, è veramente strano (qualcuno ha detto ingiusto?) che il vantaggio economico venga integralmente incamerato da chi offre il servizio.
Sempre in tema di raccomandate elettroniche, parliamo di P.E.C, cioè di posta elettronica certificata, che sostituisce via email l’invio di una raccomandata cartacea con ricevuta di ritorno, con lo stesso valore legale.
I privati vendono questo servizio tariffato a casella postale.Avere un indirizzo di P.E.C. costa una cinquantina di euro l’anno, con invii illimitati. Pero’ dall’anno prossimo, oltre a questo, è prevista una spesa di 30–40 centesimi per ogni invio. Ma i costi non dovrebbero essere già coperti dal canone? O si teme che gli spammer comincino a mandare raccomandate per farsi perseguire meglio?
Ma, dulcis in fundo, anche il tempo è diventato privato ed a pagamento. Chi usa la firma elettronica a norma di legge (quanti sono in Italia, oltre gli amministratori di società?) si è accorto dello stesso fenomeno.
In precedenza, chi voleva o doveva dotarsi della possibilità di apporre una firma elettronica con valore legale, doveva comprare da un privato accreditato una smartcard (dispositivo di firma) ed un certificato digitale. Costo totale circa una quarantina di euro. Doveva poi rinnovare ogni due anni il certificato, spendendo ogni volta una ventina di euro.
Chi conosce qualcosa delle problematiche di firma digitale sa che, dovendo avere data certa, ogni volta che viene apposta una firma il programma deve scaricare da internet uno speciale certificato detto “marca temporale” che appunto conferisce alla firma elettronica una data certa.
Queste marche temporali, emesse da un server del CNIPA, erano ovviamente gratuite, quindi apporre una firma non aveva costi oltre quello di dotarsi del dispositivo e del certificato. Sorpresa! Dal 15 dicembre 2004 le marche temporali non vengono più emesse dallo Stato ma dagli stessi privati che vendono i certificati ed i dispositivi di firma.
Questo tra l’altro indebolisce, seppur di poco, la robustezza della firma elettronica stessa, visto che l’emittente del certificato e quello della marca temporale diventano lo stesso ente, invece di essere due enti separati, ma anche questa è un’altra storia.
Il bello è che anche le “marche temporali” ora sono a pagamento, costano sui 30 centesimi l’una e devono essere acquistate in lotti di 50 o 100 per volta. Ecco che se io devo mettere una firma digitale sola, non spendo 30 centesimi in più, ma 15–30 euro.
Ma chi trae vantaggi dalla new economy? E’ possibile che l’utente finale non risparmi mai, anzi spesso paghi di più?
E poi, va bene (va bene?) privatizzare tutto, mercati, immobili pubblici, coste, parchi, ma addirittura privatizzare il Tempo suona davvero male.
A quando l’aria (*) ?
Marco Calamari
(*) R.A. Heinlein: “La Luna è una Severa Maestra”
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