(3) — Cinque articoli inediti perché rifiutati dalle redazioni quando Cassandra era più remissiva, 5 storie che meritano di essere…
(3) — Cinque articoli inediti perché rifiutati dalle redazioni quando Cassandra era più remissiva, 5 storie che meritano di essere comunque raccontate.
La parafrasi del titolo di un noto racconto Cyberpunk è un buon riassunto di tutta questa puntata. Visto che l’hype che ha seguito il più o meno pianificato annuncio di Google del suo nuovo, mirabolante, usabilissimo e performante browser si e’ ormai esaurito, è tempo di parlare anche delle cose che non vanno.
Sono gravi e secondo la mia personale opinione, se confermate nella versione definitiva, dovrebbero portare ad un rifiuto di questo prodotto.
Le cose che non vanno sono tre, e nessuna di esse ha a che fare con la qualità, la bontà o la sicurezza del prodotto in sé, od è particolarmente evidente.
Sono invece abbastanza nascoste, due nell’accordo di licenza che ovviamente nessuno ha letto, ma che dico, scorso velocemente, ma che dico, degnato di un occhiata, mentre la terza è addirittura all’altro capo di un filo sempre più corto che in questo caso arriva a Mountain View.
La prima cosa negativa nell’accordo di licenza, ahimè sempre più comune nei software di largo consumo, è che il produttore del software si riserva il diritto di installare sul vostro computer qualunque software o componente desideri, senza dover richiedere alcun consenso o dovervi nessuna spiegazione.
Si tratta di un comportamento in passato dominio esclusivo di virus e worm, poi adottato da un noto sistema operativo, ed infine diffusosi a macchia d’olio in suite di ufficio, player multimediali, toolbar, software gratuiti, etc. etc.
E’ una caratteristica inaccettabile per chiunque usi il proprio computer con coscienza, e che per me implica il “naturale” rifiuto di utilizzare qualunque prodotto che la possieda. Si, si può fare e non e’ neppure troppo difficile. Chiedetemi come!
La seconda caratteristica è che l’accordo di licenza prevede che “in futuro” i dati manipolati da Chrome per meglio servire il suo utente potranno essere utilizzati dal vero padrone “per altri scopi”. Quali ovviamente non e’ dato sapere. Un mandato in bianco.
Non si tratta solo della privacy di dati personali, si tratta di dati potenzialmente molto più intimi. Non solo la navigazione al completo, le chat ed i download, ma persino l’interazione con il mouse, il mio nervosismo ed al limite i sacramenti intercettati dal microfono potrebbero facilmente essere trasferiti oltreoceano legalmente per essere elaborati, e certamente lo saranno se permetteranno di fare più soldi. Non saranno “diavoletti” ma ficcanaso certamente si.
Qualcuno obbietterà che è quello che già succede con tutte le applicazioni gratuite di Google, GMail in testa, e che la maggioranza del popolo della Rete usa tranquillamente. Verissimo, infatti si parla giustamente di “Popolo bue”. Nulla rimane da dire.
La terza cosa è invece una valutazione su quello che l’integrazione spinta della Rete nei nostri desktop implica. Oltre due decenni fa lo slogan di una azienda pioniera ed innovatrice come Sun Microsystems era “The network is the computer” — la Rete è il Computer.
Questa profezia, allora non facile da enunciare, ha richiesto tutto questo tempo per iniziare a compiersi. Ma ora sta diventando impossibile distinguere tra uso del computer ed interazione con la Rete; la distanza informatica tra noi, il “nostro” computer e il fornitore di servizi si sta annullando rapidamente, e la filosofia dietro Chrome rappresenta senz’altro un grosso passo in questa direzione. Che sia voluto o che rappresenti solo un aspetto collaterale poco importa.
Certamente quella barriera anche psicologica tra il “sé’” e l’“altro”, tra “il Mio computer” e la Rete, rappresentata in passato dal buon vecchio modem analogico con il suo utile interruttore di accensione, ormai non esiste più.
Non è necessariamente una cosa negativa, ma nemmeno necessariamente positiva.
Se il concetto stesso di “il Mio computer” entra in crisi diverrà indispensabile per i cittadini “consapevoli” della Rete riesaminare profondamente la loro interazione con il proprio computer e con la Rete stessa. Le implicazione per la privacy e la libertà sono assolutamente importanti.
Ecco perché, da questo punto di vista, riterrei consigliabile “bruciare” questo tipo di prodotti. Ma questo, per il popolo bue e’ un dettaglio assolutamente irrilevante, anzi impercettibile.
Chi invece, pur cosciente del problema, si comporta per comodità nello stesso modo ed ama meleggiare le Cassandre dicendo, come Totò che si tratta di bazzecole, quisquilie, pinzillacchere meriterebbe la risposta di Jack Slater, “Madornale errore”!
Per l’amor di Dio, state attenti.
L’immaginazione è al Potere, e non è quella ingenua e giocosa del ’68.
L’immaginazione che è al Potere adesso è pericolosa e potentissima. Controlla più di prima i media, pilota con incomparabile efficacia l’attenzione della grande maggioranza dei cittadini italiani.
Influenza tanto o poco tutti, anche inconsciamente. Crea memi, crea e cancella i cattivi di turno con la solita grande efficacia e con una rapidità ormai sorprendente.
Non fate cose azzardate.
Non scrivete articoli e repliche come quelle dell’ottimo Guido Scorza che ha a più riprese interagito con rappresentanti del Governo riguardo un progetto di legge volto a proteggere i detentori di diritti di sfruttamento ( e dicasi “sfruttamento”) delle opere multimediali.
Si tratta certamente anche di un efficace esorcismo contro i pedofili; non fate caso che non ne parli praticamente mai o che sia stato scritto (in maniera certamente competente ed imparziale) da un rappresentante dell’industria interessata.
Guido, stai attento; si tratta delle stesse persone che fanno apparire e sparire la realtà dagli schermi. Che la creano e la distruggono. Che creano e distruggono eroi e demoni. La realtà che sparirà od apparirà domani potremmo essere tu, io o chiunque altro.
Si tratta di persone la cui immaginazione potrebbe consentirgli (si fa tanto per dire, senza riferimenti a persone realmente esistenti) di dare dell’incompetente a fisici teorici premi Nobel sulla loro materia, senza che nessuno, nemmeno Vauro a Ballarò, gli dica niente. Non vale la pena di correre rischi. Bisogna chinare la testa e annuire. Tenere un profilo basso.
L’unico modo per reagire, ma bisogna partire da lontano, è prendere i candidati di tutte le elezioni, cominciando dalle prossime, e dirgli che nessuno avrà il voto se appartiene ad un partito che appoggia e mantiene le liste elettorali chiuse senza preferenze.
Cominciamo subito dalle prossime elezioni europee ed amministrative.
Con liste sbloccate il popolo avrebbe di nuovo il potere di decidere se mandare in Parlamento premi Nobel, presentatrici, attori e pornostar, che se fossero scelti dagli elettori magari presenterebbero ottime proposte di legge. Il popolo potrebbe al limite decidere di eleggere solo persone ragionevoli, istruite, modeste, fattive e competenti nelle loro materie. Ora certo non può farlo. Potremmo addirittura proporre una riforma per cui nessuno possa essere ministro della Repubblica se non è un rappresentante popolare eletto in Parlamento con voto di preferenza.
Nel frattempo è meglio tenere un profilo basso. Non correre rischi.
Qualche volta mi chiedo perché a scrivere a mio posto l’augusta Redazione non prenda piuttosto alcuni frequentatori dei forum; leggendo assiduamente quello di questa rubrica ho ripetutamente trovato, in mezzo a tanta fuffa e trollaggine, post al livello di articoli che vengono pubblicati.
Come forse sapete sono profondamente convinto che la Paranoia sia una virtù. Sarete anche senz’altro informati che Barak Obama dal 20 gennaio sarà il 44simo presidente degli Stati Uniti. Personalmente ne sono contento, ma il punto non è questo.
Per necessità familiare, pur aborrendo la televisione come media e considerando indegni la maggior parte dei contenuti che vi passano, sono un consumatore passivo di telefilm americani, specialmente di temi “gialli”: “24”, “CSI:*”, “NCIS” e cosi’ via.
Avevo notato fin dall’anno scorso un fatto strano. La maggior parte dei telefilm che contemplavano la figura del presidente degli Stati Uniti lo proponevano afro-americano. “24” e’ stato il primo, ma ce ne sono stati almeno altri 3.
Ora, le teorie del complotto sono facili da elaborare ed anche popolari, ma l’idea di una “manovra lenta” volta ad influenzare l’esito delle elezioni non pare completamente impossibile. Tutto sommato le campagne elettorali ormai non sono più fatte da candidati ma dalle loro immagini costruite a tavolino da capaci e strapagati staff di esperti di media e comunicazione.
Sull’effetto della sovraesposizione informativa dei media Jean Baudrillard, nel suo fortemente consigliato “Lo scambio simbolico e la Morte” (ho trovato appunto la citazione nel forum), scriveva delle parole che dette nel 1976 erano una vera e lucidissima profezia.
Baudrillard sosteneva che l’iperrealtà fornita dai media è molto più soddisfacente della “normale” realtà in cui il sé di ognuno nasce e cresce, che per questo motivo le persone si stanno spostando per assuefazione a vivere intellettualmente nel piano della iperrealtà, e che essendo questo omogeneizzato e controllato da altri stanno perdendo il proprio connotato di individui immergendosi in un nuovo conformismo scintillante e controllato da altri.
Ecco, appunto; può “24”, serial ad alto impatto emotivo e decisamente “iperreale”, essere stato un tassello di successo in una strategia di questo tipo?
Il polverone, anzi il maremoto che si è scatenato a causa della pubblicazione dei redditi 2005 degli italiani sul sito dell’Agenzia delle Entrate si è finalmente posato. Il sollievo è stato grande, in special modo per chi come me ha dovuto annoiare i suoi superstiti 5 lettori esternando suo malgrado sull’argomento.
Ora che l’acqua si è ritirata sono rimasti qua e là alcuni cocci, sono emerse alcune cose, e percorrendo questi resti semisepolti ho trovato un oggetto curioso coperto di fango. L’ho ripulito, ed ho avuto una brutta sorpresa, che devo mio malgrado condividere con voi. Del resto, vi siete preoccupati del decreto Urbani, vero? Ma forse ancora non avete capito. E’ vero, gli oracoli amavano parlare in maniera oscura.
Allora descriviamo il reperto in maniera semplice e diretta. Dopo una serie di azioni preliminari e di dichiarazioni, il Garante della Privacy ha emesso un provvedimento che sta per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo la pubblicazione diverrà a tutti gli effetti una nuova legge dello stato italiano.
Sapete cosa prevede? Prevede che la pubblicazione dei dati sui redditi 2005 fatta per poche ore dall’Agenzia delle Entrate è illegittima, ma prevede anche che l’ulteriore diffusione dei dati stessi da terzi che ne fossero venuti in possesso costituisce trattamento di dati personali non autorizzato, reato penale, punibile (il testo esatto del provvedimento non è ancora uscito) da 1 a 3 anni di reclusione.
Non vi suona familiare? Non sembra, “mutatis mutandis” lo stesso paragrafo che il famigerato decreto Urbani prevedeva per la condivisione di materiale protetto dalla normativa del diritto d’autore?
Bene, lo è, almeno per quanto noto ad oggi.
Per conseguenza dal punto di vista degli utenti delle reti P2P adesso non è più illegale solo lo scambio di mp3 ed DiVX; ora anche lo scambio di dati pubblici, dicasi pub-bli-ci che chiunque può consultare è diventato un reato, a conferma che gli scambisti delle rete P2P sono in effetti solo pirati e criminali almeno nelle menti dei funzionari statali. Le major, ancora scottate dalla sentenza Peppermint, gioiscono. Perché?
Sarò pessimista, ma questo costituisce un altro chiodo sul coperchio dalla bara del P2P, una conferma della volontà di criminalizzare una cosa meravigliosa ma da sempre invisa da chi teme la Rete.
Qualcuno commenterà che certamente il Garante non aveva questo come obbiettivo. E’ possibile, anzi probabile, ma d’altra parte anche lo stesso Giuliano Urbani dichiarò fino alla noia che non voleva criminalizzare il P2P ma solo proteggere gli autori.
La cronaca ha poi mostrato la realtà, l’impiego che è stato fatto del decreto Urbani.
La legge non è soggettiva, ma oggettiva; se il provvedimento del Garante sarà nei termini previsti, verrà certamente, dicasi cer-ta-men-te, usato contro gli utenti delle reti P2P esattamente come lo è stato il decreto Urbani, che il Garante lo volesse o no. Verrà usato per punire lo scambio di altri dati, non solo di quelli dei redditi.
Non si potranno più scambiare con tranquillità nemmeno dati pubblici senza temere la scure della Legge. Ma vi rendete conto?
Le cronache hanno già riportato che nel DPEF è stato inserito uno (sciagurato) emendamento che esenterebbe le imprese con meno di 15 dipendenti, cioè il 99% di quelle italiane, dall’applicazione del “Testo unico sulla privacy” L.196/2003.
Nel momento in cui scrivo questo “coccodrillo” non è chiaro cosa succederà e neppure se l’emendamento sarà mantenuto ed approvato; quando lo leggerete la decisione sarà probabilmente stata presa. Perché la cosa è importante ?
L’approvazione di questa norma rappresenterebbe l’oggettiva morte della legge sulla privacy, esentandone di fatto tutti tranne poche grandi aziende, come ad esempio Telecom Italia o TIM, che vantano grandi esperienze in merito di privacy…..
“Bene — diranno molti — era ora che si potesse smettere di firmare liberatorie per qualsiasi stupidaggine”.
Certo, tutti abbiamo bofonchiato contro una burocrazia percepita come inutile, e che sicuramente ne rappresenta un negativo effetto collaterale. Ma a cosa si rinuncerebbe nel caso l’emendamento passasse?
Innanzitutto ad una dichiarazione di principio che ci viene invidiata da chi vive in paesi anglosassoni La legge 196/2003 ha come principio fondante che i dati personali sono e restano proprietà dell’interessato, mentre negli Stati Uniti sono proprietà di chi li detiene, anche se raccolti illegalmente da un altro ente. L’interessato non può nemmeno chiederne la rettifica. Il fatto che questo principio sia spesso solo teorico non ne sminuisce l’importanza; lo si deve difendere ad ogni costo, a scanso di ulteriori peggioramenti della già assai bistrattata privacy degli italiani.
Perché l’attuale governo ritiene così necessario “snellire” proprio una norma volta solo a difendere i diritti dei cittadini ? A parer mio si tratta della continuazione di una manovra bipartisan tesa ad affossare l’Ufficio del Garante la quale:
- è iniziata con la riduzione di fondi ed organici durante il precedente governo
- è continuata durante lo stesso governo con la nomina a membro del Garante stesso di uno dei pochi Italiani condannati in cassazione per grave abuso di dati personali https://bba.winstonsmith.info/bbai2005.html
Il nuovo governo è semplicemente rimasto in questo solco, menando una mazzata ancora peggiore. Qualche parlamentare sarebbe così gentile da impedirlo con un bell’emendamento anti-emendamento ???
Tra l’altro ci sarebbe anche da difendere la proposta di legge 1728 contro la Data Retention, che sugli obblighi e le procedure della 196/2003 si fonda, e che giace ignorata in Commissione Giustizia.
Altrimenti, visto che dal pieno rispetto della 196/2003 sono già esonerati le pubbliche amministrazioni, la magistratura, i militari, le ASL, se esentassimo anche il 99% delle imprese private, Telecom Italia e TIM potrebbero a ragione sostenere di essere discriminate…
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By Marco A. L. Calamari on November 15, 2023.
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